Ormai non fa più notizia parlare di record perchè è l’ennesimo maxi incendio scoppiato per il forte caldo, questa volta nella piantagione forestale a Ituzaingo, nella provincia di Corrientes (Argentina del Nord), che ha già bruciato oltre 6 mila ettari di bosco.
E’ la più pesante siccità degli ultimi 60 anni e lo sconforto è tale che si è già iniziato a far i conti su quanto costerà all’economia argentina quanto accaduto.
Julio Calzada, responsabile per la ricerca economica della Borsa di Rosario, non ha mezzi termini per spiegare la gravità dello scenario agro alimentare ed economico del paese: quanto accaduto sino ad oggi, con già 8 ondate di caldo in pochi mesi, ha eroso quasi completamente la disponibilità ridica per il suolo e le coltivazioni.
“Siamo di fronte ad un evento climatico senza precedenti, devastante per la nostra agricoltura e per la nostra economia: siamo al terzo raccolto fallimentare e se non piove i dati saranno ancora più drammatici; gli agricoltori stanno affrontando perdite per 14 miliardi di dollari e 50 milioni di tonnellate in meno di produzione di Soia, Mais e Grano“, conferma Julio Calzada.
Non dimentichiamo che l’Argentina è il terzo produttore mondiale di soia (il primo esportatore di soia “lavorata”) nonchè il terzo esportatore di mais del mondo e si può buon ben capire la gravità della situazione.
Il tasso di inflazione sull’anno è arrivato al 103% e solo l’accordo raggiunto con il Fondo Monetario internazionale ha permesso al Presidente argentino Alberto Fernandez di evitare un nuovo default, dopo l’ultimo del 2020 – il nono della sua storia – che di fatto ha’estromesso il paese dai mercati finanziari internazionali.
La Borsa dei cereali di Rosario stima che l’impatto della siccità sul Pil sarà di almeno 2 punti percentuali, ossia almeno 19 miliardi di dollari.
In effetti, le previsioni per il raccolto di soia si sono ridotte da 47 milioni a 27 milioni di tonnellate, quelle di mais da 55 milioni a 35 milioni di tonnellate, cifre che fanno rabbridividere se si considera che il governo del peronista Fernandez aveva fatto affidamento su una crescita del pil del 2% che in pratica è gia svanita.
Nel bilancio verranno a mancare almeno 2 miliardi di dollari di entrate fiscali legate alle esportazioni, determinanti per limitare la sofferenza sulle riserve in valuta estera.
Come si diceva, il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto la gravità della situazione che sta affrontando l’Argentina, tanto da concedere una maggiore flessibilità sugli obiettivi fissati dal programma di ristrutturazione del debito da 44 miliardi di dollari e erogando una tranche di aiuti per 5,3 miliardi di dollari.
Coloro i quali attribuiscono la causa diretta della siccità al cambiamento climatico incorrono in un duplice errore; da un lato scientifico, in quanto non abbiamo dati per una tale attribuzione diretta ma solo la certezza che il riscaldamento globale ha contribuito a rendere queste ondate di calore sempre meno eccezionali; dall’altro lato ontologico, in quanto ciò distoglierebbe lo sguardo forse su quella che è forse la principale causa del problema: l’impatto delle monoculture su un ecosistema già compromesso non solo in Argentina ma in tutto il Cono Sud americano.
Per un approfindimento sull’interrelazione tra i 5 paesi del Cono Sud nelle nuove dinamiche del mercato della soia e dei nuovi attori che vi fanno parte si veda il lavoro di Valdemar João Wesz Junior pubblicato nella Rivista di Economia Agraria, Anno LXXI, n. 1)
Le monoculture, in primis la soia, hanno un grande impatto sulla natura, sia per la deforestazione iniziale e sia per la grande necessità di irrigazione e di idrovie, con conseguente depauperamento del suolo, della “pampa humida”.
La produzione di alcune monoculture spesso priva il suolo di potassio, fondamentale per manterere un certo equilibrio nel terreno, senza contare all’impoverimento dovuto dai fertilizzanti per coltivazioni transgeniche, come nel caso specifico.
Ci siamo dimenticati la situazione del 2021 del fiume Paranà (secondo per lunghezza del Sud America, con i suoi 5 mila kilometri) rimasto praticamente senz’acqua, con un impatto devastante sull’ecosistema?
Così come per il Rio Paraguay, a confine con l’Argentina, che ha visto ridursi enormemente la sua portata in questi ultimi anni
Affermare che la causa di tutto ciò è da ricercarsi direttamente e principalmente nel cambiamento climatico è deresponsabilizzare le scelte politiche ed economiche che hanno portato a questa situazione, nella quale certamente il riscaldamento globale ha agito da cassa di risonanza, amplificando il problema.
Deforestazione per la grandi monoculture di Soia e Mais transgeniche che necessitano di Idrovie e irrigazioni, costruzioni di grandi dighe in Brasile…spesso dimentichiamo che noi abitiamo in un sistema naturale fatto di interconnessioni reciproche e ogni nostra azione ha sempre una conseguenza, un’esternalità.
Raúl Aramendy, difensore dei diritti umani e dell’ambiente che fa parte del Serpaj, il Servizio di pace e giustizia fondato dal premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel, e del Ceaal (Consiglio di educazione popolare dell’America Latina) conferma che
Le cause sono diverse e concomitanti: il cambiamento climatico globale, il fenomeno cosiddetto della Niña, che porta caldo e siccità nel Continente ed è contrapposto alla corrente del Niño, che porta invece copiose precipitazioni. E poi le grandi dighe in Brasile e gli effetti delle enormi monocolture, soprattutto di soia, nel nord, del Brasile, in Argentina e in Paraguay”
Come dire…stiamo affondando tutte le nostre navi per la prossima tempesta perfetta.