Di cosa stiamo parlando?

Perchè continuiamo a scrivere articoli e notizie sull’innalzamento delle temperature globali e sui pericoli a cui stiamo andando incontro per il riscaldamento della terra mentre adesso parliamo di suolo più freddo?

Ancora una volta dobbiamo sottolineare che il clima è un sistema altamente complesso, difficilissimo da comprendere in tutte le sue implicazioni e correlazioni, tant’è che esiste un’ampia zona grigia di fattori che non conosciamo ma che potrebbero innescarsi improvvisamente nel sistema.

Il dott. Andrea Magnani (Agronomo e RIcercatore) in collaborazione con Davide Viglietti, Danilo Godone, Mark W. Williams, Raffaella Balestrini ed altri, ha redatto un interessantissimo articolo scientifico relativo ai risultati ottenuti da una lunga ricerca condotta presso l’ Università degli Studi di Torino e l’ University of Colorado (Stati Uniti d’America) avente ad oggetto il suolo del massiccio Monte Rosa.

In effetti questo è un terreno – è proprio il caso di dirlo – poco conosciuto anche da molti “operatori del settore” ma che dovrebbe invece essere preso in seria considerazione per la valutazione dei rischi per l’umanita dovuti al cambiamento climatico, soprattutto se non si dimentica che le montagne occupano il 25% della superficie del nostro Pianeta e ospitano circa un terzo della biodiversità di tutte le specie vegetali terrestri (si veda qui per le fonti e approfondimenti)

Non è comunque un caso che tra gli obiettivi fondamentali per uno sviluppo sostenibile per l’anno 2030 delle Nazioni Unite le Montagne rappresentano un patrimonio da conservare secondo gli accordi internazionali.

In pratica solo parole.

In effetti non è semplice studiare un territorio spesso isolato e di difficile accesso, ma proprio per questo esso costituisce un incredibile “officina” naturale per valutare gli effetti del cambiamento climatico e la fragilità degli ecosistemi.

Una delle ricerche più interessanti in questo senso è quella che ha messo in relazione la funzionalità del suolo con il manto nevoso, perchè quest’ultimo è in grado di svolgere un ruolo “isolante” del terreno mantenendo la temperatura prossima allo zero durante l’inverno e ciò indipendentemente dalla temperatura esterna dell’aria, dalla quota e dalle caratteristiche stesse del suolo in questione.

In pratica, è indubbio che l’elevato potere isolante della neve è in grado di rallentare il flusso di calore che proviene dal suolo.

Qui si inserisce la ricerca del dott. Andrea Magnani, Agronomo e ricercatore, che ha avuto ad oggetto lo studio della biogeochimica dei suoli di Tundra Alpina in varie parti del mondo .

Cosa succede con la copertura del manto nevoso nel suolo?

Essendo disponibile nel suolo acqua libera, l’attività dei microorganismi non viene interrotta, con conseguenze positive per l’ecosistema – spiega il dott. Andrea Magnani – E’ importante che in autunno l’accumulo del manto nevoso avvenga al sopraggiungee dei primi freddi, mentre in primavera la fusione della neve deve avvenire quando le temperature sono già in rialzo, poichè il suolo privo di neve può andare incontro a congelamento in caso di temperature rigide, compromettendo non solo la sopravvivenza dei microorganismi ma anche quella delle radici delle piante”.

Effetti del raffreddamento sui suoli di montagna (https://doi.org/10.1016

C’è da domandarsi e da venire al punto: qual’è l’impatto dei cambiamenti climatici nei suoli di montagna? Perchè dovremmo preoccuparci?

Come previsto dai modelli climatici dell’ IPCC, il cambiamento climatico sta causando una diminuzione delle precipitazioni nevose durante l’inverno, con conseguente diminuzione delle spessore del manto nevoso e anche della sua durata temporale.

Ne consegue che tali cambiamenti favoriranno l’abbassamento delle temperature del suolo ben sotto lo zero, alterando in maniera significativa i cicli di carbonio e azoto nel suolo con molteplici conseguenze per l’ecosistema: minore conservazione dei nitrati, rallentamento della decomposizione microbica invernale della sostanza organica, decremento della mineralizzazione dell’azoto, alterazione dello sviluppo delle specie vegetali nella seguente stagione di crescita vegetativa

Questo significa che dobbiamo intervenire immediatamente per sostenere lo sviluppo sostenibile, contrastare il cambiamento climatico e contribuire a creare le condizioni necessarie a preservare le aree montane del mondo

Quello che sta accadendo in montagna arriverà al mare e quello che accadrà negli oceani si inerpicherà sui monti.

Ah…in mezzo ci siamo noi.

Di Antonio Bernabei

Laureato in Giurisprudenza, si specializza in Knowledge management nel campo dell'economia e dell'informazione. Sta sviluppando un modello di analisi nel campo dell' Io Digitale per la gestione, raccolta ed utilizzo dei dati come patrimonio individuale. Si occupa di raccogliere dati sull'informazione scientifica legata al mondo dell'alimentazione biologica e cambiamento climatico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *