Tabella dei Contenuti
Introduzione
Provare a discutere di Geotermia quale fonte di energia “alternativa” senza prima parlare del Petrolio è pressochè impossibile, perchè queste due risorse diversissime – per non dire antitetiche – condividono un intimo e poco consciuto legame “strutturale”.
In Italia, già con le prime crisi energetiche degli anni 70-80, l’allora ministro Carlo Donat-Cattin a partire da gennaio del 1975 presentò un ambizioso piano energetico che “obbligava” Eni ed Enel (Petrolio ed Energia) a collaborare per effettuare delle prospezioni su tutto il territorio italiano. L’obiettivo principale era individuare le aree più favorevoli allo sviluppo della Geotermia italiana (all’interndo di un programma più ampio che prevedeva lo sviluppo di elettronucleare e fonti alternative al petrolio nel breve periodo come metano e carbone).
Ecco l’ intimo legame: in prima istanza le tecnologie geotermiche derivano da quelle petrolifere – si tratta pur sempre di “bucare il terreno” – in secondo luogo queste ultime conoscono benissimo cosa si nasconde sotto il terreno, è il fulcro segreto del loro core business.
Dopo la caduta dell’allora Governo tutto si arenò e la geotermia – come l’intero Programma Energetico Nazionale – entrò in una fase di “quiescenza” fino ad oggi, periodo in cui le criticità internazionali dovute a pandemia e guerra si sono nuovamente ripercosse sul tema energetico stimolando il riesame delle sue potenzialità, anche in virtù delle nuove tecnologie che abbiamo a disposizione (Geotermia di terza generazione EGS).
Sono anni che gli scienziati del clima restano inascoltati anche da questo punto di vista e speriamo che questa sia l’occasione per valutare alternative che possono, in alcuni casi, devono essere prese in seria considerazione, anche alla luce del recente rapporto sul Climate Change 2023. (per un breve riassunto si veda il nostro articolo qui)
Partiamo allora da una premessa: il superamento del Petrolio è necessario ed imprescindibile, per la motivazione principale legata al cambiamento climatico.
Ma anche per coloro i quali non ritengono che tale motivazione sia sufficente per valutare “alternative” rinnovabili e molto più rispettose dell’ambiente in cui viviamo, la considerazione che il petrolio è in esaurimento dovrebbe quantomeno essere presa in considerazione.
In altri termini, penso che ormai sia chiaro a tutti che dobbiamo prepararci ad affrontare un futuro “problematico” anche – e forse soprattutto – dal punto di vista energetico, non solo per il riscaldamento globale che ci impone di uscire dai combustibili fossili, ma anche per il loro inesorabile ed inevitabile declino.
Premessa
Ma il petrolio si sta davvero esaurendo?
In effetti non è possibile prevedere un giorno “esatto” per conoscere in anticipo quando una fonte non rinnovabile (si chiama così per questo) si esaurirà, ma esistono vari modelli predittivi che possono in qualche modo aiutarci a comprendere l’evoluzione di una risorsa nel tempo .
Il modello sicuramente più famoso è quello teorizzato nel 1957 dal geofisico americano Marion King Hubbert, che ha sviluppato e descritto l’andamento di una risorsa non rinnovabile (il Petrolio) nel tempo arrivando a stimarne il punto di massima – il picco di Hubbert appunto – oltre al quale potrà solo diminuire.
Se applichiamo tale modello alla curva di produzione petrolifera americana utilizzando i dati EIA (Divisione del Dipartimento dell’Energia Americano), il picco di produzione si sarebbe dovuto raggiungere nel 1970 (cosa accaduta effettivamente) e, successivamente, la produzione sarebbe dovuta inesorabilmente scendere fino al punto zero.
Tutto è andato effettivamente secondo le previsioni…fino al 2008, quando la curva invece di scendere ha iniziato a risalire, tanto che anche oggi spesso si assiste a notizie di aumenti degli stocks di greggio, anzichè diminuzioni (Eia segnala aumenti di stocks di petrolio per 8,4 milioni di barili contro attese di decrementi per 0,6 milioni di barili, portanto a 448 MBG le riserve odierne).
Questo perchè il modello di Hubbert è “statico” e troppo “semplicistico” , – anche se è facile a dirsi a posteriori – in quanto non ha preso in considerazione il ruolo di alcuni parametri fondamentali come il progresso tecnologico e la possibilità conseguenziale di ottenere combustibili fossili non convenzionali (in primis l’Heavy oil), che aumentano la quantità ed il tipo di produzione.
D’altro canto, questa fonte è entrata in una sorta di “senescenza“, un termine che prendiamo a prestito dalla scienza biologica per descrivere metaforicamente la situazione in cui probabilmente si trova attualmente questa risorsa energetica.
La biologia ci insegna che un sistema biologico diventa senescente quando aumenta in modo progressivo la sua capacità strutturale ma contemporaneamente riduce la sua capacità funzionale di cambiare ulteriormente per adattarsi all’ambiente, cosi che, nella sua continua ricerca di efficienza, massimizza l’investimento nelle attività più redditizie (downstream), ma taglia i costi in quelle più incerte (upstream) sacrificando così la capacità di rispondere a un contesto mutevole.
E’ questa una bellissima metafora che ha utilizzato il dott. Michele Manfroni (PhD student, ICTA-UAB, Instituto de Ciencias y Tecnologias Ambientales – Universitat Autonoma de Barcelona) per descrivere l’ attuale fase del sistema petrolifero.
Cosicchè le aziende petrolifere si trovano bloccate in un circolo di “sopravvivenza autoreferenziale”, che complica ulteriormente il quadro generale.
Oggi, integrando i dati dell’ EIA, OPEC e BP possiamo stimare l’entita delle riserve petrolifere mondiali in circa 1650 miliardi di barili con un consumo giornaliero di circa 100 milioni di barili al giorno, al prezzo medio di oggi di 80 dollari al barile per il Brent (per un totale di 7,9 miliardi di dollari al giorno, ma con stime che prevedono nella situazione attuale anche aumenti a 100 dollari al barile).
Pertanto, con un calcolo assolutamente approssimato possiamo affermare che – confermando l’entità dell’attuale riserva mondiale di petrolio e mantenendo un consumo medio quale quello attuale – dovremmo impiegare circa 45 anni per terminarlo.
Il Petrolio “geologicamente facile” da estrarre e dunque a basso prezzo è comunque agli sgoccioli e quello che rimane sarà molto più complesso da estrarre e costoso: se consideriamo i petroli ultra-pesanti, le sabbie bituminose canadesi e i giacimenti ultra-deep, i depositi di risorse non convenzionali rappresentano circa il 70% delle riserve conosciute.
In questo contesto appare evidente a chi scrive che, al di là del “quando” finiranno le riserve petrolifere, la ricerca di nuove – in realtà vecchie – alternative fonti energetiche, finalizzate ad attuare una transizione energetica basata su fonti rinnovabili e bassi consumi diventa strategico e direi inevitabile.
Con tali premesse possiamo ora introdurre alcuni concetti per comprendere meglio la tecnologia Geotermica.
La Geotermia
Il termine geotermico ha il suo etimo dal greco “gê” e “thermòs”, che significa letteralmente “calore della Terra”; dunque con il termine energia geotermica si vuole intendere l’energia naturale sotto forma di calore, posseduta dalla Terra al suo interno.
Pensate che nelle zone più profonde tale calore può raggiungere temperature fino ai 4000 °C ed è un calore inesauribile (in scala umana) e continuo, pertanto a ragione può definirsi un’ottima fonte di energia rinnovabile, almeno in prima istanza.
La Terra ha un gradiente termico che aumenta di 3 °C mediamente ogni 100 metri di profondità: in pratica più si scende nelle viscere della Terra e più aumenta la temperatura.
Ad una certa profondità, nel periodo estivo c’è più fresco rispetto alla superficie, mentre d’inverno accade il contrario: in profondità c’è più caldo che in superficie terrestre.
Ovviamente non è sempre cosi: in particolari zone la caratteristica di aumentare la temperatura con l’aumentare della profondità tende ad accentuarsi – anche notevolmente – e la temperatura del sottosuolo è più alta della media, a causa di fenomeni vulcanici o tettonici.
Un impianto geotermico ha dunque lo scopo di utilizzare il calore naturale che si trova nella crosta terrestre per un uso domestico.
Nonostante il riscaldamento geotermico sia stato utilizzato fin dagli inizi del 1900 (e prima ancora dai Romani con le loro bellissime terme dal II sec. a.c. in poi) e quindi sia molto anteriore ad altre forme di energia rinnovabile quali l’eolico e il solare, la geotermia è la meno diffusa tra le varie fonti di energia rinnovabile.
Il riscaldamento geotermico ha infatti iniziato ad essere impiegato per le utenze residenziali relativamente di recente ed è diffuso in modo particolare nel Nord Europa e negli Stati Uniti mentre in Italia questo sistema di riscaldamento non è ancora molto utilizzato anzi, ne abbiamo utilizzato una parte esigua rispetto alle sue potenzialità.
Va distinto però il suo potenziale di sfruttamento in base al territorio.
La situazione geotermica di base e l’ubicazione delle aree di moderata-temperatura (T>80-90 °C) fino a 5 km di profondità per la produzione di energia elettrica sono limitate nelle aree della fascia pre-appenninica tosco-laziale-campana, nelle due isole maggiori, nelle isole vulcaniche del Tirreno, ed in alcuni settori della Pianura Padana, della fascia peri-adriatica e della Fossa Bradanica.
Difatti, la potenza geotermoelettrica in Italia al 31.12.2021 (pari a 817 MW) è data da 34 impianti, tutti ubicati in Toscana (fonte qualeenergia.it); a Larderello (Toscana) l’ENEL trae dalla geotermia il 20% del totale energetico regionale (2% a livello nazionale), a costi competitivi.
Questa è la cosiddetta “Geotermia tradizionale”, possibile effettivamente solo in zone geologicamente favorevoli, come si vede nell’immagine.
Le risorse di medio-bassa temperatura (T< 80-90 °C) adatte per una serie di usi diretti si trovano, oltre che in quelle ad alto flusso di calore sopra menzionate, in molte altre zone del territorio nazionale.
Bisogna però aggiungere che, con l’uso di pompe di calore geotermiche, possono essere sfruttate anche risorse ipotermali (T< 30 °C), che esistono quasi dappertutto, anche a piccola profondità.
Il nostro paese insomma, presenta anche rilevanti giacimenti “non tradizionali” sfruttabili tramite la “geotermia avanzata”- EGS (Enhanced Geothermal Systems).
Infatti, la grande varietà di risorse geotermiche presenti in Italia, la possibilità di un loro sviluppo in diverse zone del territorio nazionale, – più limitatamente per la produzione di elettricità e più ampiamente per usi diretti – fanno dell’Italia uno dei paesi europei a più forte vocazione geotermica.
Per questo il suo potenziale può essere sfruttato molto più di quanto fatto fino ad ora.
Si tratta di risorse sostenibili e rinnovabili alla scala dei tempi umani, compatibili con l’ambiente, ed economicamente convenienti a tutti i livelli di temperatura.
Classificazione della tipologia di impianti geotermici
Semplificando al massimo, gli impianti geotermici possono essere di tre tipi:
- AD ALTA ENTALPIA, in grado di utilizzare le sorgenti termiche situate in profondita e finalizzate alla produzione di energia elettrica
- A MEDIA ENTALPIA
- A BASSA ENTALPIA, in grado di sfruttare il calore superficiale della crosta terrestre ed è finalizzata, per il tramite di una pompa di calore, ad essere trasformata in una fonte di riscaldamento dell’abitazione, di produzione di acqua calda e di raffrescamento. A circa 15 metri di profondità infatti il sottosuolo mantiene una temperatura costante nel tempo.
Pertanto, per la scelta legata alla realizzazione di un impianto geotermico – e di quale tipologia – è in via preliminare fondamentale comprendere sia i fattori ambientali legati all’utilizzo del sottosuolo o delle acque sotterranee sia gli scopi e le necessità dell’abitazione.
In che zona ci troviamo? Quale dovrà essere il fabbisogno energetico richiesto dall’edificio? La potenza della pompa di calore? I materiali e caratteristiche della sonda o del pozzo?
Questo solo alcune delle domanda la cui risposta modificherà radicalmente la propria tipologia di impianto.
In via generale, per “riscaldare” gli ambienti domestici vengono quindi utilizzati sistemi ad acqua calda a bassa entalpia: nella fattispecie delle pompe di calore geotermiche che si basano su scambiatori termici posizionati a profondità relativamente basse, normalmente da 70 metri a 100 metri circa.
E ovviamente molto dipende dal tipo di terreno e dalla sua composizione.
Classificazione generazionale degli impianti geotermici
Le considerazioni appena svolte ci consentono di effettuare un piccolo excursus sulle diverse generazioni che banno caratterizzato lo sfruttamente dell’energia geotermica in Italia
- Geotermia a bassa entalpia
Generalmente si intende per “bassa entalpia” (BE) lo sfruttamento del calore naturale del primo strato del sottosuolo. I romani conoscevano benissimo questa fonte (le terme sono un uso di questa energia) e oggi ha un uso limitatissimo ma con grandi potenzialità. Se da una parte non è in grado di produrre energia “nobile” (elettrica), dall’altra può consentire consistenti riduzioni nei combustibili fossili utilizzati per il riscaldamento degli edifici o produzione di acqua calda per usi civili, industriali e/o agricoli. Persino nella geotermicamente “fredda” Europa, si segnala un crescente numero di Impianti in BE con “cogenerazione”, (elettricità + calore), in grado di migliorare le efficienze complessive degli impianti, con un ritorno economico sugli investimenti in tempi relativamente brevi. - Geotermia di prima generazione: Idrotermale
E’ lo sviluppo storico dell’Enel, quando dai primi del 1900, per la prima volta, fù generata in Toscana energia elettrica tramite una fonte geotermica. La Geotermia di 1^ Generazione è di piena applicazione industriale ed utilizza tecnologie sofisticate ma disponibili. Il limite principale è che le potenze per singolo impianto rimangono limitate come limitati sono del resto i giacimenti idrotermali in italia e nel mondo (si veda cartina) - Geotermia di seconda Generazione – HDR (hot dry rocks)
E’ un sistema geotermale in una condizione in cui l’acqua non è presente nel sito e per di sfruttare il calore dalla roccia asciutta, vengono trivellati due pozzi: uno viene utilizzato per pompare dal primo tubo acqua nel pozzo, questa viene riscaldata ed il vapore generato viene fatto risalire dal secondo pozzo tramite delle turbine. Oggi questa tecnologia pare ancora confinata all’area sperimentale: gli impianti pilota realizzati (Francia, Giappone, USA, Gran Bretagna) sembrano aver evidenziato limiti forse strutturali alla tecnologia stessa. In italia non esistono impianti di questo tipo.
- Geotermia di Terza Generazione: Enhanced Geothermal Systems (EGS) Si tratta dei sistemi geotermici migliorati (in inglese Enhanced geothermal systems, in breve EGS) di terza generazione che incrementano il rendimento delle centrali geotermoelettriche nella produzione di energia elettrica a partire da vapore naturale. La tecnica consiste nel pompare acqua attraverso fenditure e porosità naturali delle rocce in corrispondenza di serbatoi individuati. L’acqua così immessa viaggia attraverso le fenditure naturali presenti negli strati rocciosi profondi, si riscalda e attraverso altri condotti artificiali torna alla centrale dove genera energia elettrica. L’acqua si raffredda, viene reimmessa nel sottosuolo e il ciclo riprende.
Classificazione dei serbatoi geotermici in base al fluido estratto
- Campi a vapore
- Impatti ambientali elevati (CO2, H2S, inquinamento termico): NB!!
- Sistema di condensazione a liquido
- Solo 6 nel mondo: Italia (Larderello ), USA (Geysers, CA), Islanda, Indonesia, Nuova Zelanda
- Liquido 100 °C < T < 160 °C
- Impianti a ciclo binario (ORC)
- Elevati costi di istallazione
- Ridotte emissioni inquinanti
- Possibilità di utilizzazione condensatori ad aria (torri evaporative a secco)
- 100% rigenerazione dei pozzi
- Liquido a T > 160 °C
- Possibilità di combinazione flash (Condensazione liquido) – binario
Senza spingerci verso ulteriori spiegazioni, andiamo a vedere in breve il funzionamento di un sistema “casalingo”.
Funzionamento di una pompa di calore geotermica domestica
Ovviamente come già detto tralasciamo gli aspetti più tecnici della questione.
Approssimando, il Calore viene estratto da una sonda geotermica posizionata a una profondità che varia, come abbiamo capito, in base al luogo e alla tipologia del suolo.
Questo Calore che si trova negli strati più superficiali della crosta terrestre ha una temperatura costante media compresa tra i 12°C e 17°C e questa caratteristica consente di estrarre calore in inverno per riscaldare un ambiente e di cederlo durante l’estate per raffrescarlo, nonché per la produzione di acqua calda sanitaria.
Lo scambio di calore viene realizzato mediante pompe di calore, generalmente elettriche, abbinate a scambiatori termici posti nel terreno, denominati sonde geotermiche.
Il fluido termodinamico che circola nel circuito della pompa di calore “valorizza” il calore a bassa temperatura presente nel terreno cedendolo all’acqua dell’impianto idraulico di distribuzione.
Il calore passa poi a una o più pompe di calore e viene quindi incrementato e distribuito all’ambiente da climatizzare attraverso impianti a bassa o media temperatura, come pannelli radianti a pavimento e verticali o ventilconvettori.
Nonostante la necessità di un allacciamento elettrico per far funzionare la pompa di calore, si tratta a tutti gli effetti di una fonte di energia rinnovabile in quanto questo tipo di energia prevede comunque uno scambio termico con il sottosuolo.
Come accade per qualsiasi tipologia di impianto, esistono dei vantaggi e degli svantaggi nella scelta del Geotermico.
Principali vantaggi del riscaldamento geotermico
Vantaggi riscaldamento geotermico
- Unica soluzione per riscaldamento e raffrescamento
- Alta Efficienza
- Sostenibilità e Silenziosità ambientale
- Impianto sicuro
- Ottimizzazione dei costi
- Detrazioni fiscali
- Unica soluzione per riscaldamento e raffrescamento
Quest’ultimo aspetto è di notevole importanza: sia il riscaldamento sia il raffrescamento di un edificio sono garantiti da un’unica pompa di calore.
Molte pompe di calore prevedono inoltre la produzione di acqua calda sanitaria.
Un impianto geotermico sostituisce ben tre sistemi diversi:la caldaia per il riscaldamento, il boiler per la fornitura di acqua sanitaria e i condizionatori per la climatizzazione estiva.
Notevole è poi la considerazione dell’Alta Efficenza.
Se paragonati ai sistemi tradizionali di climatizzazione (caldaia a metano/GPL + chiller ad aria), le pompe di calore geotermiche consentono una riduzione dei consumi di energia primaria del 30-70% in riscaldamento e del 20-50% in raffrescamento.
Il differenziale di questo risparmio è considerevole pertanto è assolutamente necessario rivolgersi ad un professionista (a meno che voi siate ingegneri!) per la valutazione delle proprie necessità
Occupandoci di questo, il tema della sostenibilità ambientale per noi è il più importante.
In questo senso il riscaldamento geotermico presenta una capacità impattante sull’ambiente molto bassa non producendo nessuna emissione diretta in atmosfera (né CO2 né altri inquinanti); vi è quindi una riduzione delle emissioni globali rispetto ai combustibili fossili.
Inoltre, anche dal punto di vista dell’Impatto Acustico la scelta del geotermico sembra essere la migliore: la pompa di calore geotermica non emette rumore e può essere installata in un ambiente chiuso e isolato acusticamente, pertanto può essere posizionata in qualsiasi locale dell’edificio
Per quanto riguarda la sicurezza, rispetto agli altri sistemi di riscaldamento, un sistema di riscaldamento geotermico è molto più sicuro. Non vi è nessuna combustione né fiamma libera e quindi nessun pericoloso serbatoio contenente combustibile come GPL o gasolio.
Altro aspetto positivo è quello legato all’ Ottimizzazione dei costi (di esercizio).
Un sistema di riscaldamento geotermico comporta dei bassi costi d’esercizio rispetto ai sistemi convenzionali; vi è infatti, come visto prima, un risparmio di elettricità dal 25% al 50%, un risparmio di circa il 30% annuo per quanto riguarda la produzione di acqua calda sanitaria ed un risparmio evidente ma difficile da calcolare a priori in generale sulle spese di riscaldamento e raffrescamento, considerando anche il risparmio sull’ acquisto dei condizionatori.
Sono dati che ovviamente dipendono da molti fattori e che vanno valutati caso per caso.
Un impianto di riscaldamento geotermico, inoltre, ha dei costi di manutenzione molto ridotti: le sonde geotermiche sono garantite 100 anni mentre le pompe di calore non necessitano di revisione periodica non essendo provviste di bruciatore.
Ovviamente anche in questo caso ribadiamo che è molto importante affidarsi a dati tecnici per fare una corretta valutazione di questi valori
Detrazioni fiscali
In caso di ristrutturazione edilizia, il riscaldamento geotermico è incluso nelle categorie che possono ottenere detrazioni fiscali, che verranno poi rimborsati sotto forma di crediti d’imposta per una durata di 10 anni.
La legge di riferimento disciplina gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia e prevede una detrazione fino al 65% (Ecobonus per interventi di riqualificazione energetica).
Da questo punto di vista è auspicabile che il Governo si impegni di più per agevolare questa e le altre fonti energetiche alternative e rinnovabili
Principali Svantaggi del riscaldamento geotermico
Ecco i principali svantaggi del riscaldamento geotermico
- Costi iniziali di investimento e progettazione
- Limitazioni geofisiche
- Scarso adattamento per vecchi edifici
Pertanto i “contro” del riscaldamento geotermico sono fondamentalmente tre
Anzitutto gli alti costi iniziali di investimento e progettazione
A differenza dei sistemi tradizionali di riscaldamento/raffrescamento, gli impianti geotermici richiedono valutazioni geologiche. Anche la perforazione e l’installazione degli scambiatori geotermici o dei pozzi comporta un notevole costo iniziale d’investimento e progettazione.
Ancora una volta ribadiamo l’importanza di un progettista, tecnico-geologo-ingegnere, per fare una valutazione iniziale.
Si ricollega al primo aspetto negativo appena menzionato, il secondo “contro”, ossia le limitazioni geofisiche ambientali. E’ l’aspetto negativo più evidente.
La realizzazione di un sistema di riscaldamento geotermico può essere ostacolata e resa difficoltosa o impossibile in determinate condizioni logistiche.
Che tipo di terreno è quello che dobbiamo scavare per inserire le sonde geotermiche? Ci sono rocce dure che fanno lievitare i costi? E’ facilmente raggiungibile il cantiere? Ci sono particolari situazioni geomorfologiche da tenere in considerazione?
Queste sono alcune delle domande a cui dobbiamo rispondere preliminarmente e le cui risposte potrebbero modificare tempi e costi nelle nostre valutazioni.
Veniamo in ultimo allo scarso adattamento dell’impianto geotermico per vecchi edifici.
Nell’ottica che ci insegna il Prof. Luca Mercalli è spesso meglio “preservare” che distruggere e ricostruire, pertanto va tenuto in considerazione anche questo aspetto, legato ai costi/benefici in termini ambientali.
Vale la pena nella valutazione delle scelte economiche e ambientali sostituire i termosifoni, che di fatto rendono “difficoltoso” l’utilizzo di pompe di calore?
La presenza di vecchi termosifoni può rendere impossibile l’utilizzo di pompe di calore perchè gli impianti geotermici sono particolarmente adatti ad essere abbinati con impianti interni di riscaldamento/raffrescamento funzionanti a basse temperature come ad esempio pannelli radianti a pavimento o ventilconvettori.
Si consiglia comunque di far valutare la fattibilità da un installatore qualificato in grado di capire come realizzare al meglio la ristrutturazione trovando la migliore soluzione per l’impianto di riscaldamento.
Alla fine della lettura di questo breve articolo spero che sia chiaro che è è estremamente importante che il lavoro di analisi e progettazione dell’impianto sia fatto da personale qualificato per evitare di avere problemi in un secondo momento.
Fonti Principali
EnergiaOltre https://energiaoltre.it/quanto-petrolio-ha-davvero-consumato-il-mondo/
Geopop https://www.geopop.it/quando-finiranno-petrolio-e-non-rinnovabili-il-picco-di-hubbert-spiegato-in-breve/
QualeEnergia https://www.qualenergia.it
Arpae https://www.arpae.it/it/temi-ambientali/energia/bilanci-energetici-regionali
Ugi https://www.unionegeotermica.it/
Geotermicasaval http://www.geotermicasaval.it
Tubagus Ahmad Fauzi Soelaiman in Elettrica Impianti Di Energia Rinnovabile , 2016
John R. Fanchi in Serbatoio Integrato Asset Management , 2010
Sandra Ó Snæbjörnsdóttir Chiara Marieni Martin Voigt Bergur
Sigfússon in Completa L’Energia Rinnovabile (Seconda Edizione) , 2022
Ziyad Salameh in Energia Rinnovabile, La Progettazione Di Sistema , 2014
Markus Loewer , Massimiliano Keim in Rinnovabili Produzione e Distribuzione di Energia , 2022