Jay Forrester è senza dubbio uno dei grandi personaggi dell’informatica, docente al Mit, fondatore della Dinamica dei sistemi nel 1950.
Nel 1944 fu a capo del progetto Whirlwind che aveva come obiettivo quello di costruire il primo computer che reagiva in tempo reale alle azioni di un pilota.
Data l’importanza del progetto, convinse la marina militare statunitense ad ampliarlo per creare un computer general purpose e nel 1948 ottenne un finanziamento di un milione di dollari l’anno e dopo diverse minacce di tagli da parte delle marina stessa riusci a portare a compimento il progetto, fondamentale nel tracciare rotte simulate
Qui lo ricordiamo per il suo incontro con Aurelio Peccei : nel 1968 gli propone di creare un modello di simulazione unico, grazie al computer, basato su Natura, Economia e Società.
Crea un gruppo di lavoro con alcuni studenti del MIT e dopo poco più di 2 anni crea una pietra miliare, un piccolo diamante che avrebbe potuto salvarci da un destino scritto: I limiti dello sviluppo (ora appena ristampato: i Limiti della Crescita).
Era uno studio dirompente. Un urlo incredibile ch, purtroppo, è rimasto inascoltato.
Questo studio arrivava ad una conclusione semplice: non si può crescere all’infinito in un mondo finito.
L’ accoglienza nel 1972 di queste previsioni da parte dei “potenti” e dei media – in un mondo in cui la popolazione era di circa 3,5 miliardi di persone, meno della metà di oggi, e nella scia del boom economico – è stata non solo timida ma vorrei dire quasi “ostica”.
L’entusiasmo dei relatori, che erano pieni di speranze per aver avuto la possilbilità di poter comunicare al mondo i pericoli a cui sarebbero andati incontro continuando politiche di sfruttamento miopi e che non tenevano conto dei limiti “strutturali” del Mondo vennero frustati dal clima di rigetto e quasi di ilarità generalizzata.
Era il momento perfetto per intervenire e davvero potevamo risolvere la situazione o, comunque, migliorarla notevolemente rispetto a quella attuale.
Ma si preferì chiudere gli occhi, credendo erroneamente che, nella peggiore delle ipotesi, la tecnologia avrebbe fatto miracoli.
La tecnologia aveva già fatto il suo miracolo, avvisandoci di quello che stava accadendo.
Ora siamo nella peggiore delle ipotesi.